la commedia umana
(Elizabeth Strout Olive Kitteridge)
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Elizabeth Strout, Olive Kitteridge (Fazi, 2009, € 18,50). Ci sono molte qualità soggettive che fanno giudicare un libro “bello”. A me piacciono quelli che ti si appiccicano addosso e continui a pensarci anche quando non stai leggendo. Questo è uno.
A Crosby, una cittadina sulla costa del Maine in cui immagini casette di legno bianco, strade ampie e quelle enormi automobili americane con la fiancata di legno, si svolgono esistenze normali talvolta attraversate da fatti eccezionali – una tentata rapina con ostaggi all’ospedale, un figlio divenuto assassino della fidanzata, il dolore di una gravidanza mancata che invita al suicidio. Ma sono momenti, perché la vita è un fluire più ampio e famelico che tutto ingurgita, anche l’eccezione, anche la tragedia. Lo sa bene Olive Kitteridge, insegnante di matematica in pensione: lei è il filo rosso che collega i capitoli, ognuno un racconto perfetto e concluso.
Lei, che ha conosciuto quasi tutte le famiglie di Crosby e di tutte si è fatta un’idea “affilata”, è l’occhio che sorveglia le vite degli altri , mentre la sua scivola verso gli ultimi anni in un modo che forse non è il nostro, ma ci è comunque familiare. Il marito Henry, fedele compagno di una vita, ha un ictus che lo lascia cieco e inconsapevole in una casa di cura; il figlio Christopher sposa una donna sbagliata e va a vivere lontano, e poi ne sposa un’altra, che a Olive sembra così inadatta, e con lui non c’è più spazio per capirsi. Però verso la fine niente è ancora finito, Olive lo scopre quando incontra un uomo che non avrebbe mai scelto, ma che ora c’è ed è una sorpresa arrivata gratis.
Ma non è la trama che conta, in questa “comédie humaine” disseminata di piccole verità. Quello che ti si appiccica addosso è che in ogni capitolo l’occhio sbircia dietro una finestra, entra in una vita il cui senso sguscia fuori da piccoli indizi (la cameriera che annusa i biscotti di mais e si dispiace del fatto che «il loro aroma appena sfornato non le desse un po’ di nausea»…). E quel senso quasi sempre sorprende, come quando all’improvviso capisci qualcosa di te. Come nel capitolo intitolato Una piccola esplosione, in cui Olive, al matrimonio del figlio, si infila in camera della nuora e fruga nei suoi cassetti…
Questo libro ha vinto il Pulitzer nel 2008, in Italia è uscito nel 2009 e ha avuto successo col passaparola. Nel 2010 ha ricevuto il Bancarella, lo storico premio assegnato da una commissione di librai. Il sito dell’autrice è https://elizabethstrout.com
Una curiosità: Rebecca Brown, a cui è dedicato il penultimo capitolo, è la nipote del reverendo Tyler Caskey, protagonista di Resta con me, il secondo romanzo della Strout, uscito quest’anno per Fazi.
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Tags: amore, Elizabeth Strout, Fazi, figlio, Olive Kitteridge, romanzo, stupore
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Non so come sono capitata sul tuo blog, ma è stato per puro caso. Ora ti seguo, così ti conosco un po’ meglio. Mi piace approfondire le impressioni che ho di una persona attraverso le sue letture! Per quanto riguarda Elisabeth Strout mi hai convinto, lo leggerò a breve. Mi ispirava già moltissimo dall’immagine di copertina, ma spesso il contenuto non è all’altezza dell’involucro… Anche su Anobii è molto ben recensito! a proposito sei iscritta? io mi diverto un mondo ed è l’unica community alla quale ho “ceduto”.
Elizabeth Strout è una scrittrice di cui ci si innamora. Olive Kitteridge è di gran lunga il suo più bel libro e – per quanto sia sempre difficile stilare classifiche – uno dei più belli che io abbia letto in assoluto!
L’ho letto su consiglio di mio figlio che ne è rimasto ammirato.
Mi è piaciuto molto. Olive Kitteridge osserva, pensa, agisce con scaltrezza. Spesso realistica e dura, non cede a idealismi e fantasie. Attraverso lei le varie condizioni umane sono vissute non descritte. Hai ragione Francesca, Elizabeth Strout è una scrittrice di cui ci si innamora.
Lo sto leggendo, è molto molto bello. E devo dire, dopo aver appena finito un libro splendido come “A un cerbiatto somiglia il mio amore” di Grossmann, non era facile trovare qualcosa che gli stesse alla pari!
Ho letto e riletto ogni capitolo/racconto di Olive Kitteridge più volte, per giorni sono rimasta estasiata dalla sua capacità di costruire storie, anzi di “sprigionare” le storie da pochi tratti apparentemente i contorno. L’intensità del personaggio di Olive non mi ha mai lasciata. Certi capitoli, come quello del matrimonio del figlio, mi sembra di averli vissuti, non letti.
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“ Olive aveva gli occhi chiusi, e la sua anima stanca era attraversata da ondate di gratitudine , e rimpianto…….Il mondo la confondeva. Non voleva ancora lasciarlo” . L’epilogo di un bellissimo libro, nel quale ci si rispecchia. Mi piace utilizzare questo breve periodo per poter commentare anche questo libro della Strout, (ho già letto letto “Amy e Isabelle” e “Resta con noi”), e voler evidenziare, ancora una volta, la sua grande capacità di consentire, a noi lettori, di identificarci nei suoi personaggi.
E’vero, Olive la si ama o la si odia, per la sua personalità complessa; per la sua vulnerabilità, o per la sua spietatezza. Ma la Strout, come sempre, ha la sapienza di saper declinare la condizione umana, lasciandoci senza parole; anzi, esposti e senza difesa.. Anche qui, come in “Amy e Isabelle”, vorresti riporre il libro e non aprirlo più, perché suscita un impeto di rifiuto. Ma questo, credo che accada perché i suoi personaggi, magistralmente descritti, non siamo che noi stessi.