#dislessia La nostra storia, le vostre storie
«Ogni storia personale è una storia universale» ha scritto Grazia Lodigiani parlando del mio libro. Grazia è una lettrice (e un po’ anche scrittrice), una delle tante incontrate in questi due mesi grazie a Il bambino che disegnava parole. Ogni giorno mi scrivete storie, le vostre che sono la mia, la mia che è le vostre. E più le leggo e le metto insieme, più provo sconcerto: ma se siamo così tanti e proviamo e viviamo le stesse cose, come è possibile che il senso della dislessia, la sua essenza neurobiologica non sia ancora univocamente, universalmente compresa, riconosciuta, assimilata, accettata? Poi penso: se siamo così tanti e proviamo e viviamo le stesse cose, è inevitabile che prima o poi accada: la dislessia universalmente compresa, riconosciuta, assimilata, accettata. Succederà presto. E sarà grazie a chi decide di raccontare e di raccontarsi.
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Ogni giorno ricevo lettere, storie. Oggi voglio farvi leggere questa: Cristina e suo figlio Matteo sono d’accordo, hanno detto «Sì, dobbiamo parlare, far capire che si può essere incredibilmente in gamba anche se la tua working memory “non è una Ferrari” e non riesci a trattenere una lista o a seguire delle indicazioni». La parola a loro. Ah, le foto sono slide della relazione di Matteo, che ormai fa l’università, ed è stato chiamato a raccontare la sua dislessia davanti a 100 insegnanti.
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Buona sera,
Sono le 00:25 e ho appena finito di leggere il suo racconto nel Corriere della Sera su suo figlio Teo. Per la prima volta in vita mia ho sentito il desiderio di scrivere immediatamente… infatti ho scritto al Corriere chiedendoli di inoltrarle la mia mail. Poi dopo inviarla ho visto che lei aveva un blog, che sono andata a vedere.
Vorrei dirle da mamma a mamma che il suo racconto mi ha toccato l’anima. La sua esperienza é incredibilmente (e non so se aggiungere dolorosamente o felicemente) IDENTICA alla mia con mio figlio Matteo.
Oggi sono in Spagna con mio marito ed i miei altri due figli, siamo venuti a Segovia a trovare proprio lui, Matteo. Ha 18 anni e studia qui il primo anno di università al IE, fa la doppia laurea in Business Administration e Relazioni Internazionali.
Matteo è stato diagnosticato dislessico con deficit d’attenzione due anni fa, nel penultimo anno del liceo, dopo una vita scolastica tappezzata di frustrazioni, malintesi, incomprensioni e voti non rappresentativi del suo vero apprendimento o sforzo. L’abbiamo testato quando lui ci ha detto in lacrime dopo l’ennesima frustrazione “fatevi una ragione, siete due persone molto intelligenti ma avete un figlio ritardato”.
L’anno scorso il suo prof le ha chiesto se poteva parlare ad un convegno di insegnanti di scuole internazionale che si è tenuto a Milano. Volevano il punto di vista di un ragazzo dislessico che comunque è riuscito ad avere voti alti al liceo (una volta diagnosticate le sue difficoltà di apprendimento i risultati sono arrivati, per via di piccoli accorgimenti quali 20% in più di tempo per gli esami, uso del pc, una conseguente riduzione ne livello di ansia, e una maggiore sicurezza e autostima). Ha finito il Diploma Internazionale (IB) con un 39 (voto molto buono). Ha avuto offerte dalla Bocconi, Exeter, King’s College a Londra e IE.
Ecco il link su YouTube dove può vedere il suo intervento al convegno. Ha ricevuto una standing ovation. Molti insegnanti piangevano. Molti volevano stringere la sua mano. Tanti le hanno scritte mail ringraziandolo e dicendo che la sua è stata la miglior presentazione. A scuola (ASM a Milano) hanno chiesto per farlo vedere ai ragazzi più piccoli, così se qualcuno si sente identificato magari si fa avanti prima di arrivare al liceo.
Penso il racconto di Matteo le toccherà l’anima, come il suo di racconto ha toccato la mia d’anima. Forse le farà piangere, forse no, penso senz’altro le farà piacere. Magari decide di farlo vedere a suo figlio Teo… così vede che Come loro ci sono tantissimi altri ragazzi.
Grazie del suo racconto. Penso il suo lavoro per far capire i diversi “dis” sia di grandissima importanza. Comunque, vedrà che i nostri figli spaccheranno le pietre nella vita… sono resilient, hanno grit, sanno cosa è il duro lavoro. Non si rompono con facilità, sono temprati. Sopratutto hanno empatia, sono generosi d’animo, e buone persone.
Un saluto affettuoso… da una mamma che la capisce molto molto bene.
Mi scusi per il mio italiano, che come avrà capito non è la mia prima lingua. Infatti essere cresciuto in una casa con tre lingue (io sono metà americana, metà spagnola e mio marito è italiano) certamente non è stato di grande aiuto per Matteo… ma. Chi lo poteva sapere all’epoca!
Un abbraccio,
Cristina De Palma
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Tags: dislessia, Il bambino che disegnava parole
Sto leggendo il tuo articolo sul Corriere. Non riesco ad andare avanti, gli occhi si riempiono di lacrime. Non riesco a fermarle.
Hai scritto di me? Non ti conosco.
Mi chiedo ancora perché non conoscessi la dislessia. Perché nessuna insegnante la conoscesse. Non parlo di oggi, 15 anni fa. Asilo, poi iniziano le elementari. Tragedia. Con la scuola non ce la si fa. “Troppo vivace, disattento, non si applica, ci prende in giro. Maturerà” Ma quando? Mi chiedo dopo l’ennesima volta in cui mi scrive mamma con una o tre emme.
Eppure sembra così “sveglio”, è sveglio. Tutti si innamorano di lui, amici e parenti. Quando si mette in testa una cosa nulla lo può fermare, nemmeno la paura. E na ha di paura, ma va avanti come un caterpillar.
Ci sono andata giù pesante con lui, insieme agli insegnanti, ma a differenza loro non ho mollato. Una pediatra illuminata, una neuropsichiatra che ha saputo usare le parole giuste. Ci sono voluti quasi tre anni per avere una diagnosi (i suoi sintomi non erano così evidenti, nella lettura sembrava non ci fossero problemi) che spiegasse a lui, a noi genitori ed agli insegnanti cosa fare. Qualcuno ha capito, altri no. D’altronde quando ho sentito nominare la parola dislessia sono corsa in biblioteca: in tutto il sistema interbibliotecario (10/20 biblioteche) c’erano solo tre testi: due vecchie traduzioni di testi americani e un libricino italiano.
Giudizio di fine elementari pessimo. Dalle medie in avanti le cose sono andate meglio. Dalla terza media in poi è anadato avanti da solo, chiedendo aiuto quando necessario, senza vergogna.
Autonomia. Aveva 10 anni, avevo cercato, letto. Abbiamo preso insieme il treno per Bologna, giornata alla cooperativa Anastasis (quella dei software per la dislessia) con una decina di mamme e ragazzi che arrivavano da tutto il nord Italia. Autonomia la parola chiave della giornata.
Quanto ha dovuto lavorare? Tantissimo. Tantissimo.
La prima volta alle superiori di un 7 in tema gli dico “Bravo, ma come hai fatto?” “L’ho riletto sette volte”. Ma chi ha mai riletto sette, SETTE, volte un tema prima di riconsegnarlo?
Diploma liceo scientifico scienze applicate. Voto 96. Ripeto, 96!
È stato anche fortunato, alle superiori ha trovato insegnanti che hanno saputo quanto e come pretendere da lui.
Oggi studia Economia. Media 28. È in Erarsmus in un paese di lingua inglese ed è già stato ammesso alla specialistica in inglese. Le lingue, uno dei suoi punti deboli. È un piacere sentire e sapere che se la cava benissimo.
Ma soprattutto, è felice. Contento ed orgoglioso di ciò che è riuscito a fare, ben conscio della fatica e dell’impegno che tutto ciò gli è costato, molto più dei suoi compagni.
Si dice che i dislessici abbiamo risorse che altri se le sognano, che la dislessia sia un “dono”.
Forse, visto col senno di poi, un po’ è proprio così.
Le lacrime hanno smesso. Cerco di finire il tuo articolo.
Grazie.
Rita
Allora devo raccontare anche io! Anche a me sono scese tante lacrime leggendo l’articolo sul corriere. Mi scendono le lacrime perché capisco che non sono sola e che non mi sto immaginando niente.
Mi sono sempre sentita un po’ imbrogliona. Ero una studentessa considerata brillante che però non si applicava. Mi ricordo che non riuscivo ad imparare le tabelline a memoria e mi inventavo trucchi per calcolare i risultati il più velocemente possibile, in geografia non riuscivo ad imparare le capitali, allora mi inventavo immagini che riuscivo a collegare ai nomi delle città per non prendere un insufficienza troppo grave. Per fortuna ho un ottimo orecchio per le lingue, ma non ho mai capito le regole grammaticali. Andavo bene perché “sentivo” quale fosse la forma giusta. Ma tutto ciò mi ha sempre fatto sentire un imbrogliona ed inferiore agli altri, per non parlare della vergogna quando non sapevo (e so ) come si scrive una parola. Ho vissuto con il dizionario in mano. Comunque arrivo alla laurea e imparo a cavarmela sentendomi sempre come una truffatrice con i miei trucchi. Non sapevo niente della dislessia.
Poi divento mamma. La prima figlia è un treno a scuola, non ha problemi di ortografia o di memorizzazione. Evviva, non ha preso da me! Sono sollevata.
Poi arriva il secondo a scuola. Grande entusiasmo, il ragazzo è brillante e secondo le maestre un arricchimento per tutti, non fa niente se è un po’ lento. Arriva in prima media con un giudizio eccellente ma i prof sono un po’ delusi da questo mio figlio. Si distrae, sembra lento, si deconcentra, dimentica le cose e, insomma, è proprio svogliato. Anche nello sport è molto bravo ma l’allenatore mi dice che a volte fa delle cose che il resto della squadra non riesce proprio a capire. Povero, è così frustrato su tutti i fronti. Esce con un 7 dalle medie. Quando vede il voto piange e a me si spezza il cuore. L’ho anche sgridato tanto ma dentro, dentro io e mio marito ci fidiamo di lui. Infatti ha scelto un liceo scientifico “impegnativo”, vuole studiare, sapere e affrontare la sfida del latino, anche se i prof delle medie scuotono la testa e mi dicono che “si dovrà impegnare molto”. Anche al liceo vengo convocata. Il ragazzo sembra distratto, sopraffatto dalla mole di lavoro e tende ad isolarsi. Anche i voti non vanno tanto bene. A margine la professoressa mi segnala una fragilità ortografica e anche la scrittura sembra immatura.
Improvvisamente capisco che c’è qualcosa che non va. Tutto questo non rispecchia mio figlio. Io vedo sempre il ragazzo brillante e socievole. Prendo appuntamento dalla logoterapista che finalmente comprende tutto. Mio figlio è dislessico, disgrafico e disortografico. È riuscito molto bene a compensare fino a quando lo studio con i libri è aumentato troppo. Facciamo la visita dalla psicologa e dalla neuropsichiatra che dicono a mio figlio che lo capiscono, che è intelligente e che deve solo imparare a gestire la sua neurodiversità.
Ci parlano di strumenti dispensativi e compensativi. Cerco di capire come funzionano, mio figlio sembra sollevato e ha voglia di affrontare questa nuova scoperta, anche perché in classe c’è un altro ragazzo dislessico che gli spiega, gli racconta e diventano migliori amici, si fanno forza a vicenda.
La diagnosi risale ad un anno fa. Le cose vanno molto meglio. Continuo a leggere, cercare in internet e capire di più. Ma non tutto è semplice. Il rapporto con i professori di mio figlio è delicato. Spesso gli strumenti vengono chiamati aiuti, sembra quasi che mio figlio viene aiutato anziché messo nella condizione di fare vedere quello che sa fare. Ma fa niente, non ci arrendiamo. E poi nel frattempo anche il fratello più piccolo è risultato dislessico e disgrafico. Due su tre! Non è male. Dopo la visita dalla psicologa il piccolo mi ha detto, “allora non sono stupido ma dislessico come mio fratello”, che grande sollievo!
Voglio condividere e raccontare a tutti che i miei figli sono dislessici, che nella scuola di oggi hanno bisogno delle certificazione e che non sono una moda.
Grazie,
Barbara
Ps. Viva il correttore ortografico!!!!!!!
Cara Barbara, la tua storia è piena di forza e di capacità di farcela! Altro che impostore, sei stata grandiosa a trovare da sola tutti quei trucchi per andare avanti. I tuoi figli faranno come te e tu saprai sostenerli perché hai capito. Io sono convinta che arriverà un momento in cui si saprà universalemente e senza dubbi chi sono i dislessici. Chi lo è, chi ha storie come la tua, quella dei tuoi figli, come le nostre, DEVE raccontare, spiegare, far capire. Abbiamo questo dovere, non molliamo! Vi abbraccio tutti con simpatia 🙂
Sto terminando le ultimi appendici del tuo libro.
Mi e’ stato dato dal Preside della scuola media di mio figlio grande,il nostro dislessico di famiglia, affinchè leggendolo,potessi consigliarlo se poteva essere un testo da leggere in classe nell’ora di narrativa,essendo lui anche il nostro professore di Italiano.
Questa proposta,non casuale,nasce da una mia richiesta fatta a preside e professori,di trovare modi,percorsi o situazioni che fossero in grado,con rispetto e leggerezza, di affrontare l’argomento DSA in classe di mio figlio,dopo alcuni spiacevoli episodi avvenuti tra la parte “normodotata”verso la parte dislessica della classe(fortunatamente sono 5-6 ragazzi che si danno una mano a vicenda)!
Per mio figlio e per tutti gli altri ragazzini in difficolta’, mi sono sentita di chiedere con il cuore in mano di non lasciar correre questi episodi ma di contenerli attraverso un percorso di conoscenza dell’argomento,in quanto i compagni di scuola dei nostri figli patiscono la stessa ignoranza dei genitori sull’argomento e sanno essere crudelissimi tra loro.
Si parla molto,giustamente,di scuola e professori ma non sempre si parla di scuola e amici-compagni di classe, quando invece,soprattutto in pre-adolescenza e dopo ancor di piu’, questo elemento diventa fondamentale per l’equilibrio e l’autostima dei nostri ragazzi, DSA e non.
Passano tante ore fuori casa in condizioni emotive e psicologiche spesso difficili,affrontando confronti,giudizi spesso umilianti e dei quali non sempre veniamo a conoscenza,se non a cose avvenute e ormai lontane.
Certo che diro’ al Preside che “Il bambino che disegnava le parole” e’ un libro da leggere!!
E sul quale alla fine, intelligentemente dibattere,affinche’ possa restare a tutti loro qualcosa di piu’,un semino di conoscenza e un maggior rispetto per tutte le loro, di tutti, diversita’.
Mio figlio mi ha intelligentemente ricordato che non e’ vero che siamo tutti uguali,anzi e’esattamente il contrario.
Siamo tutti diversi,ognuno con le proprie qualita’ ed e’ naturale che sia cosi’.
So che sembra un punto di vista che ai piu’ puo’ sembrare un po’scontato,ma detto da lui mi e’ parso rivoluzionario.
Un ragazzino di 12 anni,dislessico e pre-adolescente che mi ricorda questo significa richiarire a se’ stesso e al nostro mondo adulto,che il conformismo, il desiderare di essere tutti simili e allineati per sentirsi inclusi e accettati e’ un’utopia e fuori da ogni logica naturale.
L’evoluzione stessa ci ricorda che la diversita’,gli incroci tra diversi, rafforzano le specie e le fanno sopravvivere nel lungo periodo.
Probabilmente,le neuro-diversita’ fanno parte di questo grande progetto e vanno solo accettate non combattute.
Questo libro ha il pregio di scoprire anche l’intimita’che i genitori dsa vivono, con la loro forza e i loro dubbi infiniti, gli errori anche.
E con un po’ di imbarazzo, solo un attimo di timidezza,ho pensato che queste cose, mio figlio le ascoltera’ o le leggera’ in classe… scoprira’ cosa c’e’ dall’altra parte.Forse avra’ modo di comprendere meglio che la sua mamma e il suo papa’, insieme al fratello e alla nonna, anche quando si discute e non ci si capisce,sono e sempre saranno dalla sua parte.
Certo che questo libro e’ da leggere,i ragazzi della 2A,consapevoli o no ringraziano!!!
Cara Alessandra, che bella cosa mi hai raccontato! E tocchi un tema essenziale: l’educazione dei pari, quello che i ragazzi patiscono a causa dei coetanei. Sto cercando di portare il libro anche nelle scuole e tra i ragazzi proprio per questa ragione. Un abbraccio e fammi sapere se poi ne parlate in classe con i ragazzi, e come reagiranno… A presto!
Non manchero’!
Un abbraccio di comprensione a tutti.
Alessandra